Cosa non c’entra niente coi Mondiali di calcio

Visto che in questi giorni si parla tanto di Mondiali, voglio parlare di qualcosa che non c’entra nulla: di calcio.

In un articolo apparso su Futbologia.org qualche tempo fa ho trovato molti spunti dai quali ho attinto a piene mani per stilare quella che segue che è una specie di lista di rivendicazioni, conscie ma più spesso inconscie, che porrei al mio club d’appartenenza locale, se fossi un Ultrà.

– Che lo stadio non sia un luogo di consumo, ma un luogo di socialità in cui passare la domenica in compagnia. Che sia aperto per molte ore e che vi sia possibile introdurre tutto il materiale pertinente all’appertenenza al club. Che i tifosi possano gestire attività all’interno dello stadio nei giorni di gioco e distribuire materiale. Che si possa, in definitiva, fare dello stadio la piazza della domenica e non un mero luogo in cui “consumare” un match mentre si mangia nel ristorante della società e si compra una maglia nello store ufficiale.

– Che le società investa nei territori in cui è radicata in termini di impianti sportivi in modo da favorire l’aggregazione e la diffusione della pratica sportiva. Avere in città un’azienda delle dimensioni di un club di serie A, ad esempio, e non riceverne i benefici che una struttura di tali dimensioni può portare alla cittadinanza tutta è assurdo. D’altronde le società di calcio tendono a creare impianti sportivi di fascia alta e quindi molto costosi. Dovrebbero, per lo meno, crearne un certo numero di fascia popolare. Inoltre dovrebbero manutenere un certo numero di impianti sportivi già esistenti nella loro città rendendoli accessibili a chiunque.

– Che le società investano nei giovani del loro territorio, magari anche riservando ai ragazzi del vivaio una percentuale di diritto nella rosa della prima squadra. Che si segua l’esempio del Barcellona, in questi anni passati squadra più forte del mondo. Se una squadra locale non serve a far crescere e scoprire ragazzi del posto, non serve a niente.

– Senza entrare nel merito dell’universo Ultrà, che sia almeno lasciata libertà di espressione negli striscioni. Mi basta dire che gli Ultrà sono elementi indispensabili a cui le società stesse non potrebbero rinunciare senza pagare uno scotto importante dal punto di vista economico (soprattutto per quel che riguarda la vendita delle partite alla pay-tv). Tentare di censurare le loro esternazioni (per quanto il contrario possa essere rischioso) è quantomeno ipocrita.