Che fai l’11? Del perchè dovremmo vederci lo stesso.

L’11 luglio a Torino avrebbe dovuto esserci un vertice europeo riguardante la disoccupazione giovanile, a cui avrebbero dovuto partecipare rappresentanti del parlamento italiano ed europeo. L’occasione era data dall’inizio del semestre italiano di presidenza del consiglio della comunità europea, cominciato il 1 giugno. La data dell’undici luglio avrebbe quindi giustificato una presentazione dei progetti che il nostro governo avrebbe intenzione di mettere in campo in questo periodo di guida dell’istituzione europea per combattere uno dei problemi fondamentali (probabilemente “il” problema) riguardanti la società capitalistica che il progetto UE ha affermato e formato.

In vista del vertice i movimenti avevano organizzato una giornata di protesta lanciando l’hashtag #civediamol11 per chiamare in quel giorno un corteo nella stessa città ma non solo: per organizzare un percorso articolato in vari momenti di riflessione e di costruzione di alternative che avrebbe avuto un apice nella giornata dell’11 luglio. Un percorso fatto di assemblee, proiezioni, eventi, produzioni e che si sarebbe completato con alcune giornate di campeggio a Torino nei giorni della manifestazione.

Tutto questo pare sia stato vanificato. Il vertice è infatti stato spostato e nebulose sono le motivazioni di tale scelta. Ad ogni modo, quale che ne sia il motivo, appare chiaro che quantomeno una delle ragioni alla base della decisione sia stato il timore per le contestazioni annunciate. Non che intenda timore per lo scontro (chi si sognerebbe di battere sul piano fisico un esercito vero e proprio, quale è ormai diventato il corpo schierato dallo stato per ragioni di ordine pubblico) quanto piuttosto timore per ragioni di immagine legate al presentarsi, all’inizio del proprio semestre di presidenza, con un vertice su un tema così delicato contestato da decine di migliaia di persone. E sappiamo bene quanto all’immagine tenga il nostro nuovo governo.

Riguardo le contestazioni annunciate per l’11 posso testimoniare di una certa spaccatura all’interno dei movimenti riguardo le modalità della protesta. Da quello che ho potuto cogliere, seguendo le cose sul web, una delle critiche principali mosse ai movimenti è stata quella di organizzare una giornata di protesta per rispondere ad un vertice e di giocare quindi, se così si può dire, in replica al calendario dettato dalle scadenze istituzionali e non invece in maniera propositiva. Quello che è stato inotre fatto notare è che si voleva per di più rispondere ad un evento con una funzionalità di pura comunicazione, un vertice vuoto nel corso del quale i politici di turno non avrebbero deciso nulla ma si sarebbero invece solo incontrati ad uso e consumo del sistema mediatico che avrebbe poi creato una narrazione mainstream dell’accaduto.

Posso rispondere a queste due critiche brevemente. In primo luogo trovo che sia assolutamente giusto essere propositivi e creare momenti di lotta con una calendarizzazione nostra, ma credo che si debba comunque rispondere agli eventi di questo tipo calendarizzati dal governo. In secondo luogo credo che il fatto che il vertice sarebbe stato un contenitore vuoto di puro spettacolo non sia un motivo valido per disertarne la contestazione ma che anzi sia necessario, in tali casi, creare una contro-narrazione della realtà dei fatti (anche con la protesta oltre che con la comunicazione) volta a contrastare quella mainstream.

Per questi motivi trovo assolutamente significativo un eventuale spostamento del vertice in questione, come viene ventilato in questi giorni, a novembre nella città di Bruxelles. Lo spostamento del vertice in un campo ancor più inespugnabile dai movimenti italiani e praticamente alla fine del semestre di guida italiana confermerebbe sia il timore delle contestazioni sia l’inutilità effettiva delle decisioni prese in tale sede.

Ad ogni modo non sono d’accordo con la decisione di rinunciare alla data di mobilitazione per molti motivi.

– Perchè credo che il percorso intrapreso in vista della data dell’undici sia un percorso valido e non vorrei correre il rischio di minarlo eliminandone il momento culminante.

– Perchè possiamo, appunto, dettare una nostra calendarizzazione in cui incontrarci e portare all’attenzione dell’opinione pubblica un nostro tema.

– Perchè potremmo approfittarne per far passare il messaggio che il vertice in questione fosse un evento vuoto di pura formalità ed apparenza, mentre invence rinunciando alla mobilitazione facciamo passare il messaggio che fosse un evento in qualche modo di contenuto.