Non tutti i tempi di reazione sono uguali. Quelli della burocrazia, ad esempio sono lenti ma inesorabili. Stamattina sono stati notificati 12 “Divieti di domora” (fogli di via) ad altrettanti militanti riguardo ai fatti di piazza Verdi del 23 e 27 Maggio 2013, quando gli attivisti hanno resistito attivamente alla polizia a cui era stato dato l’ordine di interrompere un assemblea in corso.
Immediata e puntuale è arrivata invece la nostra reazione di solidarietà con un presidio in prefettura, poi davanti al comune e, infine, con un corteo fino in piazza Verdi. Presenti oggi CUA, ASIA e TPO, i collettivi che hanno tra le loro fila compagni coinvolti.
Azione e reazione.
Il 23 Maggio 2013 la polizia cerca di interrompere un’assemblea indetta da CUA a cui partecipavano lavoratori e lavoratrici della ditta di pulizia Sodexo di Pisa, i quali rischiavano in quel periodo un licenziamento collettivo. La polizia interviene, l’assemblea si sposta e prende piazza Verdi, la polizia interviene di nuovo e fa arretrare i ragazzi, di nuovo, dove avevano iniziato: in via Zamboni, davanti la facoltà di Lettere. Motivazione ufficiale: assemblea non autorizzata. Tralasciando il sacrosanto diritto a portare in piazza problamatiche di questo tipo, anche analizzano la questione solo dal punto di vista dell’ordine pubblico, non ci vuole molto a capire quanto sia stata avventata l’azione della questura di Bologna che ha trasformato una semplice assemblea pubblica in questo:
Il 27 Maggio c’è stato il secondo round della contesa, la reazione, appunto. All’assemblea convocata 4 giorni dopo polizia e carabinieri in antisommossa cercano subito di impedire agli studenti l’ingresso in piazza. Motivazione: non devono usare amplificazione. Senza capire bene come si faccia a fare un assemblea all’aperto senza amplificazione gli studenti cercano, ancora una volta, di prendersi i propri spazi. E ancora una volta, quella che doveva essere un’assemblea, grazie ad una gestione della piazza disarmante, finisce così:
La reazione dello stato, anzichè essere immediata come quella quella dei colletivi, si è fatta attendere, ed è arrivata stamattina. 12 fogli di via. Per 12 militanti in collettivi come CUA, ASIA, TPO.
Le mie riflessioni a tutto questo non possono prescindere dal legarsi a quelle che sono le dinamiche che vedo in atto in piazza Verdi da anni. Da che la conosco io, almeno 10 anni. Lo so che il ragionamento che sto per fare potrebbe sembrare fuorviante, ma credo nella relazione e non nell’unicità dei fenomeni.
Un tale sconsiderato uso della polizia in una zona così delicata come piazza Verdi, in cui si incontrano e scontrano ogni giorno emergenze e quotidianità di ogni tipo, è l’unica risposta palese dell’amministrazione cittadina a chi chiede di intervenire su quello spazio, che non è solo spazio fisico, ma anche di relazioni.
Da anni il disagio di piazza Verdi è stato lasciato dilagare. I servizi per i ragazzi in difficoltà si sono diradati perchè il welfare non interessa più ai politici. Il cambiamento della società stessa, degli studenti stessi, nel tempo ha di fatto allargato la distanza tra chi frequenta piazza Verdi per l’Università e chi la frequenta e basta, creando quasi due circuiti separati. La frattura è sembrata ultimamente quasi insanabile, con l’allargarsi delle emergenze, l’imborghesimento degli studenti e la massificazione dei nuovi locali di via Petroni. Periodicamente viene operata una pulizia con intento solamente estetico, (rigorosamente dalle forze militari, non dai servizi sociali) e tutta la gente che dà fastidio alla vista per un po’ scompare, trascorre qualche giorno in carcere o in ospedale sotto regime di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e poi torna, peggio di prima.
La scarsità di proposta culturale delle associazioni del territorio o, forse, il mancato interesse in tal senso del Comune fà si che quella che poteva essere una delle migliori armi per sconfiggere le emergenze della piazza, l’animazione cultrale, sia del tutto latitante, se non random d’estate quando Bologna và già svuotandosi.
In questo senso la politica che non affronta e nasconde i problemi sta preparando a trasformare piazza Verdi in una zona in cui il valore degl’immobili si possa moltiplicare, senza curarsi di risolvere le emergenze presenti, che tanto danno fastidio oggi ai proprietari. Ad esempio senza prendersi cura dei tossicodipendenti nè, tantomeno, attuare percorsi di integrazione per i migranti in maniera da strappare braccia allo spaccio.
E quindi la reazione dei movimenti: riprendiamocela questa benedetta piazza.
Oggi il corteo, nel suo piccolo, a portato in piazza Verdi, dove bivaccavano studenti, un nutrito gruppo di lavoratori stranieri, occupanti di case per necessità, lottatori determinati per i loro diritti, con famiglie e bambini al seguito. Se lo stato, il comune o chi per lui non ci dà la possibilità di vivere la piazza per creare momenti di aggregazione culturale, di incontro o semplicemente per fare un’assemblea, come volevano fare i ragazzi di CUA lo scorso 23 Maggio, noi lo facciamo lo stesso.
Perchè piazza Verdi è anche nostra.
Ma di più: perchè sappiamo che solo vivendo i nostri spazi in pubblico possiamo creare nuove e solidali reti sociali capaci di metterci in collegamento. Studenti, migranti, lavoratori precari, persone in qualche modo emarginate.
Ecco: alla luce di tutto questo risulta ancora più assurdo l’agire della questura in quei giorni di Maggio.