Apprendo da quest’articolo che, nonostante la bocciatura della corte costizionale, la vita della legge infame Fini-Giovanardi non pare essere finita. Essendo imputabile tale bocciatura puramente ad un vizio di forma, il nostro ministro della salute ha infatti pensato bene di presentare un progetto di revisione delle tabelle che categorizzano le sostanze stupefacenti che riproponeva esattamente quello della legge in questione. Tale proposta è stata fortunatamente sconfessata in sede di consiglio dei ministri, con un ritorno di fatto alla configurazione precedente (quella disegnata da Craxi-Iervolino-Vassalli) la cui unica differenza consiste nell’inserimento della Cannabis e dei suoi derivati tra le sostanze cosiddette “leggere”. Questo rappresenta di fatto una scelta politica, non più una bocciatura giuridica. Ma stiamo comunque parlando semplicemente di un cambio di catalogazione riguardante una sostanza in particolare (tra l’altro enormemente diffusa e discussa).
In attesa quindi dell’emanazione del decreto legge (che dovrebbe concretizzarsi in circa due mesi) mi sembra il caso di spendere due parole sull’antiproibizionismo e sul cambiamento, culturale, che spero avvenga nel campo delle sostanze stupefacenti.
Mi preme innanzi tutto specificare che quello che è successo non è nulla più che un osso malridotto gettato in pasto ad un cane affamato. E come tale, pochi risultati potrà ottenere. In un periodo storico in cui quotidianamente si ha notizia di governi che scelgono la strada della tolleranza e del controllo, non mi sembra scelta di alcun coraggio quella di tornare a delle tabelle, oltretutto datate. Anche se il senso di colpa e la presenza dello stato nelle scelte personali stanno facendo sì che alcune esperienze legate al diritto e allo svago siano in discussione (Olanda), nuove forme di consumo nascono un po’ ovunque, come ad esempio quelle legate alla terapeuticità (USA). Insomma in tutto il mondo si cerca di porre fine alla guerra alle droghe, perlomeno leggere: non risulta quindi particolarmente coraggiosa la scelta del nostro governo di riconoscere che esistono delle droghe leggere…
Il governo stesso d’altra parte sembra non dare troppo peso a questa decisione, dato che la cosa è passata praticamente sotto silenzio. Dopo più di dieci anni in cui si sono distrutte le vite di una generazione di adolescenti il minimo che si potesse fare sarebbe stato intavolare una discussione pubblica riguardo la nuova legge in materia. Invece non se ne parla molto. Si aspetta, c’è da pensare, a voler essere maliziosi, che la cosa funzioni per poter accaparrarsene i meriti. Ma al di là di facili illazioni ci tengo a specificare il mio punto di vista riguardo le sostanze.
– Legalizzazione delle sostanze naturali e autoproduzione: non riconosco la possibilità di ritenere illegale una qualsiasi sostanza che si trovi comunemente in natura. L’utilizzo delle stesse deve e può essere controllato o regolamentato ma non ipocritamente impedito. Il punto rimane comunque l’uso (quindi la persona) non la sostanza. Posso usare un sasso per uccidere una persona, il problema sta nel mio gesto piuttosto che nel sasso. Essendo quello del consumo un gesto autoriferito non credo nella possibilità di un impedimento. Rimane più importante la libera scelta del singolo. L’autoproduzione tramite coltivazione diventerebbe in tal senso possibile e auspicabile. Possibile anche la vendita di materie di derivazione naturale, previa controllo e tassazione.
– Controllo delle sostanze sintetiche: Riconosco che potrebbe non valere lo stesso per tutte le sostanze, non essendo affatto chiaro, e per di più in continuo mutamento, il quadro delle sostanze chimiche. Questo vale sia per quelle realizzate in maniera del tutto sintetica che per i derivati sintetici di sostanze naturali. Le produzioni umane, in tal senso, si contraddistinguono, generalizzando, per una maggiore pericolosità se usate in maniera inconsapevole o irresponsabile. Credo comunque che la strada sia quella della non punibilità delle sostanze (quindi comunque legalizzazione). Ogni passo in una direzione diversa dalla legalizzazione infatti riproduce la relazione in cui qualcuno di potente (lo stato) toglie potere e possibilità di decisione a qualcuno di meno potente (il cittadino). Io non credo che nessun beneficio può derivare da un simile rapporto relazionale, per di più nel campo delle dipendenze, dove spesso la sfida più difficile da vincere risulta proprio essere la capacità del singolo di autodeterminarsi e scegliere. Questo ce lo ha insegnato, ad esempio, un’esperienza fondamentale come quella di don Gallo nella comunità di S. Bendetto al porto (Genova). Ritengo quindi possa essere benefico un controllo di una istituzione sanitaria nella produzione o nella distribuzione delle sostanze, accompagnata da una corretta informazione scientifica.
– Depenalizzazione: Come conseguenza delle due proposte precedenti ritengo che si debba togliere completamente dal contesto penale il soggetto che ha a che fare con le sostanze o anche con una dipendenza. Nel caso di un rapporto non problematico va da sè. Nel caso di rapporti problematici la questione deve passare dalla legge alla sanità. Mai più un tossicodipendente in carcere. Rimarrebbero così punibili solamente i produttori/distributori di sostanze sintetiche non controllate.
– Non-liberalizzazione: Non auspico un mercato libero delle droghe: ripeto, o autoproduzione/raccolta di sostanze naturali o acquisto/somministrazione di sostanze naturali e sintetiche da assumere previa controllo di un qualche ente/istituzione.
– Tassazione: Può non piacerci il governo, ma finchè questo esiste sarà un bene se ricava qualche soldo in più destinato altrimenti a finire nelle mani delle mafie e della criminalità. Naturalmente a patto di poter decidere noi come investire quei soldi: nella sanità, nel sociale, nello sforzo informativo scientifico riguardo le sostanze.
– Equiparazione dei psicofarmaci a sostanze sintetiche: In tutto il discorso precedente vale la totale equiparazione tra droghe fino ad ora di stato, riconosciute ed usate in ambito sanitario e droghe che sono state oggetto di caccia alle streghe. Non sono disposto a riconoscere queste differenze. Essendo l’uso delle sostanze una questione puramente di scelta personale rifiuto la possibilità di somministrazione forzata di una qualsiasi sostanza e, di conseguenza, non riconosco la validità di buona parte di quella che viene chiamata “psichiatria”.
Per chiudere mi auspico che il discorso sulle droghe venga una volta per tutte strappato alle mille ipocrisie e ai soliti ritornelli sulla sostanza Cannabis, per essere restituito interamente all’ambito a cui appartiene: quello del diritto e della scelta. E delle condizioni in cui tale scelta viene effettuata. Se ritengo dannosissima l’informazione errata o ideologica riguardo le sostanze, ritengo necessario invece riportare in ambito ideologico il problema dell’antiproibizionismo.
L’antiproibizionismo, mi pare, così come la psichiatria, si delinea tutto nella linea che tiene in relazione libertà e responsabilità. Ognuna delle quali non vale senza l’altra. Entrambe non tollerano imposizioni.