Reportage Sardegna 2015 | Di muralismo e streetart. Di spopolamento e accoglienza.
Parte 4
Cose di vita antica (Un anziano di Borore a proposito dei murales)
Leggermente più a Nord, troviamo una tradizione muralistica, più recente rispetto a quella barbaricina, ma, forse anche per questo, più vitale. Nel paese di Tinnura (OR) l’amministrazione comunale ha decisamente favorito la pratica muralistica tanto che una delle più importanti artiste sarde, Pina Monne, non per caso, si è trasferita qui. Il paese è interamente ricoperto di murales che parlano delle tradizioni locali e ritraggono persone che potrebbero esserne gli abitanti. L’abitato sembra essere messo allo specchio, in un dialogo tra gli scorci testimoniati dai murales e quelli, in divenire, della quotidianità.
Parlando con Pina Monne l’artista mi ha confermato il forte senso di appartenenza alla sua terra, che evidentemente la guida nelle scelte artistiche. Da questa consapevolezza nasce l’interesse per un lavoro fortemente caratterizzato culturalmente. Anche se ben consapevole che la tradizione muralistica sarda derivi dall’esperienza di Orgosolo, fortemente politica, la Monne preferisce affermare nelle sue opere la sua appartenenza ad una cultura antica, in un atto etico che diventa presto una forma di resistenza, nella società liquida. Allo stesso tempo, l’arte espressa sui muri di Tinnura, si mostra ugualmente capace di creare legami, che dal piccolo paese sardo sono in grado di raggiungere altri angoli di mondo. Questo avviene, a Tinnura, attraverso la pratica dell’esperienza artistica e della condivisione, piuttosto che esclusivamente attraverso l’opera. Pina Monne infatti, oltre a portare avanti laboratori artistici in carcere, è stata due volte in Palestina a tenere laboratori con alcuni ragazzi di Betlemme e, per due volte, ha portato alcune delle persone incontrate nel viaggio in Sardegna. A Tinnura c’è un murales realizzato con loro. La seconda volta che si è recata in Palestina, mi ha raccontato, è stata trattenuta 4 ore a Fiumicino da alcuni militari israeliani che evidentemente sapevano dove si sarebbe recata e che hanno fatto di tutto per intimorirla e dissuaderla. Alla fine di interrogatori e perquisizioni, l’hanno lasciata imbarcare per ultima e isolata dagli altri viaggiatori. Il tutto davanti ad indifferenti agenti di polizia italiani. Per voler insegnare l’arte ad alcuni bambini palestinesi.
Nella maggior parte dei paesi della zona di Oristano è possibile trovare murales. A Mara (SS), Padria, (SS), Flussio (OR), Bosa (OR) Bòrore (NU), solo per citarne alcuni.
A Tramatza (OR), dove pure si trova qualche murales tradizionale, un progetto finanziato dalla comunità europea (terminato nel 2013) ha portato opere di writer di varie nazioni ad affiancarvisi. (https://giuliogaviano.wordpress.com/2013/05/28/tramatza-street-art-3rd-edition/)
La rappresentazione delle tradizioni in pittura, d’altra parte, non passa esclusivamente attraverso i murales. Nella stazione di Tempio Pausania (OT), ad esempio, si trovano i dipinti di uno dei maggiori pittori sardi del ‘900, Giuseppe Biasi, che raccontano una società contadina e rurale e che sono esposti al pubblico nell’atrio, nonostante le inevitabili controindicazioni che questo comporta alle pitture, alle quali si potrebbe ovviare con un po’ di cura e investimenti (http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2012/02/operedarte-da-salvare.html).
A Paulilatino (OR) resiste la vecchia usanza di scrivere, con pennello e venice bianca, liberamente, sui muri e sulle strade del paese. Tradizionalmente questi messaggi venivano lasciati dai giovani che partivano per prestare servizio militare. Oggi, che la leva non è più obbligatoria, i ragazzi del posto continuano a compiere questa sorta di rito di passaggio. La cosa interessante è che le scritte riguardano per lo più la vita del paese stesso. A volte sono dichiarazioni o pensieri, ma, altrettanto spesso, ricordano avvenimenti, descrivono situazioni o si rivolgono direttamente a personaggi del posto. Ne risulta un’enorme didascalia, un testo sovrapposto alla realtà, secondo la forma della realtà aumentata, solo tracciata con la vernice.
Anche in questo caso, una forma di (ri)scrittura pubblica moltiplica per due la realtà del piccolo borgo e, come nel caso di Tinnura, crea un intreccio di riferimenti e suggestioni visive che parlano della vita degli abitanti del luogo.
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parte 2